La sezione dei Castelli romani di
Italia Nostra e il Circolo "La Spinosa" organizzano per il giorno 13
marzo 2015 la presentazione del libro di Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale e professore di Diritto Romano, "Il territorio
bene comune degli italiani".
All'evento interverranno Vairo Canterani, già sindaco d Nemi, Roberta Bisini del Circolo "La Spinosa" e Enrico Del Vescovo, presidente di Italia Nostra dei Castelli Romani.
Scheda del libro:
«Si è radicato nella mente di tutti che il
proprietario è assoluto padrone dei suoi beni, non tenendo conto del
fatto che il fenomeno dell’edificazione produce effetti non solo sui
beni in proprietà del privato, ma anche sui beni che sono in proprietà
collettiva di tutti, come il paesaggio, che, essendo un aspetto del
territorio, è in proprietà collettiva del popolo, a titolo di
sovranità».
Passione civile e competenza giuridica si fondono in questo densissimo contributo alla riflessione sui beni comuni. Con rigore e lucidità, non perdendo mai di vista l’obiettivo di dare al suo lavoro massima concretezza, Paolo Maddalena, uno dei più importanti giuristi italiani, pone il problema nel quadro sconcertante dell’attuale crisi, mettendo in luce come crisi ambientale e crisi finanziaria abbiano una causa comune: la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. Come già diceva Roosevelt in una relazione al Congresso degli Stati Uniti nel 1938: «la libertà di una democrazia non è salda se il popolo tollera la crescita di un potere privato al punto che esso diventa più forte dello stesso Stato democratico». Di qui l’importanza di distinguere la proprietà comune o collettiva, che ha il suo fondamento nella «sovranità», dalla proprietà privata, che ha il suo fondamento nella «legge», ristabilendo un equilibrio che negli ultimi decenni di storia italiana è stato tutto sbilanciato a favore della proprietà privata. L’autore rileva con forza la precedenza storica della proprietà collettiva del territorio sulla proprietà privata e la prevalenza giuridica della prima sulla seconda, sancita dalla stessa Costituzione. Si tratta di due dati che consentono un capovolgimento della tradizionale concezione borghese, rafforzata dal pensiero unico dominante del neoliberismo economico, secondo cui l’interesse pubblico costituisce un limite alla proprietà privata, là dove è la cessione a privati di parti del territorio, oggetto di proprietà collettiva, che limita la proprietà collettiva medesima. Una tale inversione di prospettiva è, secondo l’autore, imprescindibile se si mette in atto una lettura non preconcetta della Costituzione rispetto al tema della funzione sociale della proprietà, dei limiti all’iniziativa economica privata e dell’intervento pubblico nell’economia. «Pochi intendono – sottolinea Salvatore Settis nella sua Introduzione – che solo il rigoroso fondamento sul disegno di società voluto dalla Costituzione e il puntuale radicarsi nel nostro ordinamento possono far uscire le tematiche dei beni comuni dal limbo dell’utopia, e farne invece il manifesto di una politica dei cittadini non solo auspicabile, ma possibile». Un pamphlet appassionante e appassionato che aiuta a riflettere su come custodire, preservare e ricostituire quello che dovrebbe essere per ogni cittadino uno dei beni più preziosi: il mondo in cui viviamo.
Passione civile e competenza giuridica si fondono in questo densissimo contributo alla riflessione sui beni comuni. Con rigore e lucidità, non perdendo mai di vista l’obiettivo di dare al suo lavoro massima concretezza, Paolo Maddalena, uno dei più importanti giuristi italiani, pone il problema nel quadro sconcertante dell’attuale crisi, mettendo in luce come crisi ambientale e crisi finanziaria abbiano una causa comune: la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi. Come già diceva Roosevelt in una relazione al Congresso degli Stati Uniti nel 1938: «la libertà di una democrazia non è salda se il popolo tollera la crescita di un potere privato al punto che esso diventa più forte dello stesso Stato democratico». Di qui l’importanza di distinguere la proprietà comune o collettiva, che ha il suo fondamento nella «sovranità», dalla proprietà privata, che ha il suo fondamento nella «legge», ristabilendo un equilibrio che negli ultimi decenni di storia italiana è stato tutto sbilanciato a favore della proprietà privata. L’autore rileva con forza la precedenza storica della proprietà collettiva del territorio sulla proprietà privata e la prevalenza giuridica della prima sulla seconda, sancita dalla stessa Costituzione. Si tratta di due dati che consentono un capovolgimento della tradizionale concezione borghese, rafforzata dal pensiero unico dominante del neoliberismo economico, secondo cui l’interesse pubblico costituisce un limite alla proprietà privata, là dove è la cessione a privati di parti del territorio, oggetto di proprietà collettiva, che limita la proprietà collettiva medesima. Una tale inversione di prospettiva è, secondo l’autore, imprescindibile se si mette in atto una lettura non preconcetta della Costituzione rispetto al tema della funzione sociale della proprietà, dei limiti all’iniziativa economica privata e dell’intervento pubblico nell’economia. «Pochi intendono – sottolinea Salvatore Settis nella sua Introduzione – che solo il rigoroso fondamento sul disegno di società voluto dalla Costituzione e il puntuale radicarsi nel nostro ordinamento possono far uscire le tematiche dei beni comuni dal limbo dell’utopia, e farne invece il manifesto di una politica dei cittadini non solo auspicabile, ma possibile». Un pamphlet appassionante e appassionato che aiuta a riflettere su come custodire, preservare e ricostituire quello che dovrebbe essere per ogni cittadino uno dei beni più preziosi: il mondo in cui viviamo.
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