martedì 22 novembre 2016

Il NO dell'ISDE a difesa della Costituzione




NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE DA PARTE DELLA ASSOCIAZIONE ISDE - (MEDICI PER L'AMBIENTE)
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Riproponiamo l'appello della comunita' dei medici del 15 giugno 2016 che conferma il loro impegno a tutela della dignita' della persona e dei diritti fondamentali dei cittadini. Molta attenzione al pericolo per lo stato di salute degli italiani e alle discriminazioni ambientali e sanitarie che potrebbero derivare dalle modifiche alla Carta Costituzionale.
Riportiamo di seguito il testo integrale
"Alternativa Sostenibile"
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LA POSIZIONE DEI MEDICI PER L’AMBIENTE (ISDE ITALIA) 
NEI CONFRONTI DELLA RIFORMA COSTITUZIONALE
Nel prossimo Ottobre (4 dicembre- nds) saremo chiamati ad esprimerci sulla riforma costituzionale, una questione importante che merita di essere adeguatamente valutata ed approfondita ed a cui, come Medici per l’Ambiente, intendiamo contribuire con alcune riflessioni di seguito riportate. 
Al di là delle giustificazioni addotte (riduzione dei costi della politica, del numero dei Parlamentari, maggiore snellezza dei percorsi legislativi etc.) il quadro che si va configurando è, per noi Medici per l’Ambiente, oltremodo preoccupante: vediamo infatti in questa riforma (unita alla nuova legge elettorale ”Italicum”) alcuni importanti rischi quali lo stravolgimento della democrazia rappresentativa e di quella partecipativa, un’abnorme concentrazione di poteri nelle mani del Governo, una pericolosa forma di centralismo decisionale e il venir meno dell’equilibrio fra i vari poteri dello Stato, tutti elementi imprescindibili e garanti dell’ordinamento democratico. 
Molte delle principali criticità sanitarie sono state causate negli ultimi due decenni, in varie aree del Paese, da impianti inquinanti identificati come opere strategiche e/o di preminente interesse nazionale mediante lo strumento del decreto legge, espropriando gli enti locali di qualunque possibilità di intervento negli iter decisionali. Tale tendenza ha generato, soprattutto negli ultimi anni, la necessità di frequenti ricorsi alla Corte Costituzionale da parte degli enti locali stessi. Questa è infatti, in questo momento, l’unica possibilità di difesa contro l’accentramento decisionale esercitato da parte dello Stato, soprattutto per questioni di importante rilevanza ambientale. La riforma costituzionale proposta, in particolare con le modifiche all’art. 117, eliminerebbe di fatto questa possibilità e renderebbe strutturale la supremazia decisionale del Governo. Il rischio è quello di allargare ulteriormente il divario tra le reali esigenze delle Regioni e gli interessi dello Stato, spesso legati a motivazioni lontane dal bene comune delle comunità periferiche, come hanno ad esempio insegnato le vicende di Taranto e lo sfruttamento territoriale della Basilicata. Le conseguenze sociali, economiche, ambientali e sanitarie dell’espropriazione dell’autonomia regionale sarebbero amplificate dalle modifiche agli artt. 116 e 119, che vincolano i poteri delle Regioni, dei Comuni e delle Città metropolitane all’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio. Tutto questo inciderà inevitabilmente anche sulla prima parte della Costituzione, universalmente riconosciuta come immodificabile, in quanto, in violazione dell’art. 3, verrebbero danneggiate ulteriormente soprattutto le regioni meridionali. Già ora in tali regioni i minori trasferimenti statali e la maggiore aggressività industriale - ad alto impatto ambientale e scarsa efficacia occupazionale - determinano gravi ricadute socio-economiche, ambientali e, di conseguenza, assistenziali e sanitarie soprattutto in età infantile. Ad esempio, la percentuale di famiglie in povertà assoluta nel mezzogiorno è oltre il doppio rispetto a quella nel nord e per le famiglie in povertà relativa 4 volte superiore; la mortalità nel primo mese di vita è più alta del 47% rispetto al settentrione ed i più alti tassi standardizzati di mortalità infantile tra 0 e 14 anni si registrano al centro-sud, dove ci sono anche i più bassi valori negli indicatori di natalità ed i maggiori tassi di dimissione per malformazioni congenite. Ulteriori motivi di preoccupazione rispetto al mantenimento dei diritti fondamentali sanciti dalla prima parte della Costituzione sono rappresentati, da una parte, dall’abnorme premio di maggioranza al partito risultato vincitore delle elezioni previsto dall’Italicum e, dall’altra, dalla trasformazione del Senato in una Camera di 100 membri non eletti, ma nominati, per cui facilmente influenzabili. Questi elementi stravolgono l’equilibrio dei poteri a favore dell’Esecutivo, sottoponendo al controllo di quest’ultimo tutti gli Organi di garanzia, compreso il Capo dello Stato, e consentono al Governo sia di intraprendere ulteriori interventi limitativi dei suddetti diritti sanciti dalla prima parte della Costituzione sia di legiferare in contrasto con essa senza incontrare ostacoli di sorta. Inoltre la prevalenza numerica garantita dalla legge elettorale al partito del Capo del Governo consentirà ad esso di eleggere non solo il Presidente della Repubblica, ma anche i membri laici del Consiglio Superiore della Magistratura e quelli della Corte Costituzionale facendo venir meno ogni garanzia di tutela per le minoranze. La riforma costituzionale proposta non nasce certo oggi, ma è il risultato di un percorso avviato già con la sottoscrizione dei trattati europei che, mettendo al primo posto la stabilità dei prezzi, la competitività e la libera circolazione di merci, capitali e forza lavoro, si ispirano a principi di incontrollato neoliberismo subordinando i diritti fondamentali della persona alle esigenze del mercato e della finanza. La nostra Costituzione (purtroppo in larga parte ancora disattesa) è nata, viceversa, da un lungo e paziente lavoro di conciliazione fra diverse visioni della società che avevano però come base comune il rifiuto del liberismo e l’affermazione prioritaria della dignità della persona e dei suoi diritti fondamentali. La salute non è la semplice assenza della malattia, ma, come la definiva l’OMS già dal 1948, “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” e siamo ben consapevoli che tale stato di benessere può realizzarsi solo in presenza di equità sociale e nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, quali il diritto alla salute e ad un ambiente sano e rispettoso degli equilibri naturali, all’istruzione, all’abitazione, al lavoro, all’autodeterminazione territoriale. La stessa introduzione del pareggio di bilancio nella nostra Costituzione già nel 2012 – in ossequio ai dettami europei – ha rappresentato per noi un grave vulnus: come sarà ad esempio possibile garantire “cure adeguate agli indigenti”, come recita l’art. 32 della Costituzione, se deve prevalere sopra ogni altra cosa il pareggio di bilancio? E come sarà possibile garantire ai cittadini uno stato di benessere se, proprio a causa del pareggio di bilancio, si sta smantellando lo Stato sociale di diritto? E chi potrebbe garantirci che, in questo stato di cose, un Governo non si senta indotto a considerare il fondamentale diritto alla salute il primo bersaglio da colpire? Tutto ciò pone in pericolo lo stato di salute degli Italiani, potrebbe incrementare le condizioni di discriminazione ambientale e sanitaria attualmente esistenti in varie aree del Paese e farebbe certamente aumentare ovunque le disuguaglianze sociali, la povertà, la precarietà e l’incertezza per il futuro. 
L’articolo 5 del Nuovo Codice di Deontologia Medica ci impegna in prima persona : “Il medico è tenuto a collaborare alla eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario, al fine di garantire a tutti i cittadini stesse opportunità di accesso, disponibilità, utilizzazione e qualità delle cure”. 
Per tutto quanto sopra detto la nostra posizione non può essere che di contrarietà a queste modifiche costituzionali. 
Arezzo, 15 Giugno 2016

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