RINVIO A PROCESSO PER 6 PERSONE E 3 AZIENDE PER LA MORTE AVVENUTA NEL 2014 DEI DUE LAVORATORI IMPEGNATI NEL PRELIEVO DEL PERCOLATO PRESSO L’IMPIANTO “ KIKLOS” DI APRILIA. Di proprieta’ ACEA e utilizzato per il trattamento aerobico del rifiuto organico e rifiuto verde da sfalci e potature. ===================================================
la causa del decesso dei due lavoratori è addebitabile all’acido solfidrico-H2S (o idrogeno solforato o solfuro di idrogeno) che viene considerato un veleno ad ampio spettro, ossia in grado di danneggiare i diversi sistemi del corpo umano che sfruttano il metabolismo aerobico.
La presenza dell'acido solfidrico, altamente tossico, nel percolato della Kiklos, derivato dai processi di trattamento aerobico dei rifiuti, senza dubbio era con una concentrazione molto elevata e sicuramente in quantità superiore alle 1000 parti per milione. Con tali valori, una volta venuti in contatto o in prossimità del gas e anche dopo un semplice respiro, l’acido provoca il collasso immediato e per soffocamento avviene la conseguente paralisi e morte.
Gli interessi e gli interessati del mondo dei rifiuti e degli impianti di trattamento vari, continuano a sostenere che l’incidente della Kiklos è un fatto episodico e che dalla “loro” letteratura la presenza di acido solfridico in quantità letali è un fatto fortuito e inspiegabile, tentando addirittura di responsabilizzare l’operato di chi, purtroppo, non c’è più.
La “loro” legge non prevede l’utilizzo di dispositivi di sicurezza come respiratori nel prelievo del percolato perché con i “loro” studi debbono tranquillizzare i lavoratori e i residenti.
Ci auguriamo che i magistrati impegnati nel prossimo processo individuino le responsabilità di questi “omicidi” e che di fatto venga affermata la pericolosità di tali impianti troppo spesso da "loro" definiti di “pubblica utilità”.
Alternativa Sostenibile
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Riportiamo di seguito un articolo sull’argomento a firma di Clemente Pistilli. - 29 giugno 2016 -
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Da quelle norme sulla sicurezza del lavoro a quelle ambientali, le violazioni compiute
nell’impianto Kyklos di Aprilia sarebbero state tante. E tutte avrebbero concorso a causare la morte dei due operai rimasti asfissiati, nell’estate di due anni fa, mentre aspiravano dall’impianto di compostaggio percolato da portare in discarica. Se ne è convinta il sostituto procuratore Luigia Spinelli che, terminate le indagini, dopo aver disposto consulenze tecniche e persino intercettazioni telefoniche, ha ora chiesto nove rinvii a giudizio, sei a carico di persone fisiche e tre a carico di aziende, quest’ultime tirate in ballo proprio per gli illeciti amministrativi.
A perdere la vita, il 28 luglio 2014, investiti da esalazioni di acido solfidrico, furono due operai di San Lorenzo Nuovo, in provincia di Viterbo, Roberto Papini e Fabio Lisi, di 44 e 42 anni dipendenti delle ditte Mira di Orvieto, che avevano avuto in subappalto tale attività da una società di Perugia. Il sostituto Spinelli, con le accuse di omicidio colposo e non solo, ha ora chiesto il giudizio per l’allora amministratore della Kyklos, attuale dirigente Acea, Alessandro Filippi, per i dirigenti Kyklos, Sebastiano Reveglia, di Pomezia, e Fabrizio Martinelli, di Ariccia, rispettivamente delegato in materia di sicurezza e responsabile della prevenzione, per i titolari delle due ditte per cui lavoravano le vittime, Davide e Danilo Mira, di Orvieto, e per il rappresentante della Eco 2000 di Perugia, Andrea Pula. Per violazioni amministrative è stato chiesto inoltre un processo per le stesse Kyklos, rappresentata dal presidente del CdA, Luciano Piacentini, Mira Giuseppe snc, nelle persone degli amministratori Davide e Daniele Mira, ed Eco2000, nella persona di Pula. Il magistrato ha inoltre specificato che il tipo di percolato prelevato dalla Kyklos doveva essere qualificato come rifiuto pericoloso ed essendo invece inquadrato come non pericoloso l’azienda da una parte aveva risparmiato sui costi di smaltimento e dall’altra su quelli delle protezioni di cui dovevano essere dotati i lavoratori. A pronunciarsi sulle richieste di giudizio, il prossimo 11 ottobre, sarà il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Mara Mattioli. E i familiari delle vittime, compresi quattro orfani, si preparano a costituirsi parte civile.
la causa del decesso dei due lavoratori è addebitabile all’acido solfidrico-H2S (o idrogeno solforato o solfuro di idrogeno) che viene considerato un veleno ad ampio spettro, ossia in grado di danneggiare i diversi sistemi del corpo umano che sfruttano il metabolismo aerobico.
La presenza dell'acido solfidrico, altamente tossico, nel percolato della Kiklos, derivato dai processi di trattamento aerobico dei rifiuti, senza dubbio era con una concentrazione molto elevata e sicuramente in quantità superiore alle 1000 parti per milione. Con tali valori, una volta venuti in contatto o in prossimità del gas e anche dopo un semplice respiro, l’acido provoca il collasso immediato e per soffocamento avviene la conseguente paralisi e morte.
Gli interessi e gli interessati del mondo dei rifiuti e degli impianti di trattamento vari, continuano a sostenere che l’incidente della Kiklos è un fatto episodico e che dalla “loro” letteratura la presenza di acido solfridico in quantità letali è un fatto fortuito e inspiegabile, tentando addirittura di responsabilizzare l’operato di chi, purtroppo, non c’è più.
La “loro” legge non prevede l’utilizzo di dispositivi di sicurezza come respiratori nel prelievo del percolato perché con i “loro” studi debbono tranquillizzare i lavoratori e i residenti.
Ci auguriamo che i magistrati impegnati nel prossimo processo individuino le responsabilità di questi “omicidi” e che di fatto venga affermata la pericolosità di tali impianti troppo spesso da "loro" definiti di “pubblica utilità”.
Alternativa Sostenibile
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Riportiamo di seguito un articolo sull’argomento a firma di Clemente Pistilli. - 29 giugno 2016 -
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Da quelle norme sulla sicurezza del lavoro a quelle ambientali, le violazioni compiute
nell’impianto Kyklos di Aprilia sarebbero state tante. E tutte avrebbero concorso a causare la morte dei due operai rimasti asfissiati, nell’estate di due anni fa, mentre aspiravano dall’impianto di compostaggio percolato da portare in discarica. Se ne è convinta il sostituto procuratore Luigia Spinelli che, terminate le indagini, dopo aver disposto consulenze tecniche e persino intercettazioni telefoniche, ha ora chiesto nove rinvii a giudizio, sei a carico di persone fisiche e tre a carico di aziende, quest’ultime tirate in ballo proprio per gli illeciti amministrativi.
A perdere la vita, il 28 luglio 2014, investiti da esalazioni di acido solfidrico, furono due operai di San Lorenzo Nuovo, in provincia di Viterbo, Roberto Papini e Fabio Lisi, di 44 e 42 anni dipendenti delle ditte Mira di Orvieto, che avevano avuto in subappalto tale attività da una società di Perugia. Il sostituto Spinelli, con le accuse di omicidio colposo e non solo, ha ora chiesto il giudizio per l’allora amministratore della Kyklos, attuale dirigente Acea, Alessandro Filippi, per i dirigenti Kyklos, Sebastiano Reveglia, di Pomezia, e Fabrizio Martinelli, di Ariccia, rispettivamente delegato in materia di sicurezza e responsabile della prevenzione, per i titolari delle due ditte per cui lavoravano le vittime, Davide e Danilo Mira, di Orvieto, e per il rappresentante della Eco 2000 di Perugia, Andrea Pula. Per violazioni amministrative è stato chiesto inoltre un processo per le stesse Kyklos, rappresentata dal presidente del CdA, Luciano Piacentini, Mira Giuseppe snc, nelle persone degli amministratori Davide e Daniele Mira, ed Eco2000, nella persona di Pula. Il magistrato ha inoltre specificato che il tipo di percolato prelevato dalla Kyklos doveva essere qualificato come rifiuto pericoloso ed essendo invece inquadrato come non pericoloso l’azienda da una parte aveva risparmiato sui costi di smaltimento e dall’altra su quelli delle protezioni di cui dovevano essere dotati i lavoratori. A pronunciarsi sulle richieste di giudizio, il prossimo 11 ottobre, sarà il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Mara Mattioli. E i familiari delle vittime, compresi quattro orfani, si preparano a costituirsi parte civile.
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